Viaggio di lavoro

Io e Roberta non andavamo d’accordo ultimamente, anzi direi che litigavamo spesso e avevo pensato anche di lasciarla, sebbene stessimo insieme da ormai due anni buoni. Il motivo di tutto ciò? La gelosia. Ma non la gelosia normale, quella quasi piacevole propria a tutte le donne, io parlo di una gelosia maligna, ossessiva, e soprattutto infondata. Qualunque luogo o persona frequentavo era causa di litigate tremende, perché Roberta non si fidava mai di quello che facevo o di dove andavo e insomma, ormai solo quando veniva lei con me era tranquilla, ed eravamo ai ferri corti. Capitò allora la volta che dovevo andare fuori città per due giorni, causa una riunione di lavoro con persone tutte lontane da casa, che avevano convenienza a vedersi in un posto lontano da dove abitavo io. Subito Roberta iniziò la sua tiritera “Bugiardo! Non è lavoro è solo per farti un week end fuori con chi vuoi tu! Porco mi fai schifo! Vergognati!” E chi più ne ha più ne metta. Io, ormai abituato a quella lagna di gelosia, accusai il colpo con la testa bassa mentre facevo la valigia ventiquattrore. Poco dopo già ero in taxi, avendo promesso a Roberta che l’avrei chiamata almeno due volte quella stessa sera. Arrivai in stazione in orario, e il treno già mi aspettava, rosso fiammante, stagliato su di un cielo nero e cupo. Appena entrato nella mia carrozza deserta, seduto al mio posto, iniziò un diluvio tremendo. Già pensavo alla noiosa riunione che mi attendeva tra circa tre ore, il tempo del viaggio, e che non sarei nemmeno potuto andare a fare una passeggiata visto il tempo. Mentre riflettevo tra me e me, guardando attraverso il vetro del finestrino, mi accorsi che non ero più solo: una signora sulla trentina aveva preso posto davanti a me, anche lei assorta nei suoi pensieri. Senza farmi scorgere, fingendo di guardare ancora fuori, iniziai ad osservarla. Era davvero un bella donna, castana con i capelli appena mossi lunghi fin quasi alla vita, due occhi verdi accessi contornati da una matita nera, nasino all’insù e una bocca carnosa che ti vien voglia di morderla. A questo aggiungeteci due tette poderose, che a stento riuscivano a stare rinchiuse in quella camicetta celeste che indossava, sopra una gonna nera aderente. Subito pensai a Roberta: se fosse stata li sicuramente avrebbe iniziato con la sua gelosia, pensando che mi fossi accordato con quella donna per vederci alle sue spalle. Mi accorsi che la signora stava ora dormicchiando, aveva gli occhi chiusi e la testa reclinata da un lato. Attraverso una piega della camicetta, potevo vedere benissimo parte delle sue tette. Uno squillo improvviso: la donna si sveglia di soprassalto, mentre rispondo a Roberta: “ Si.. sul treno.. no.. non ancora.. tra un paio d’ore… si.. ciao..” Ancora gelosia. Ma quasi quasi, do un motivo a Roberta di essere gelosa davvero. Dopo pochi minuti, ecco che la donna di fronte a me, ricade da un lato addormentata. La luce della carrozza era fioca, fuori pioveva, tutto spingeva a chiudere gli occhi. E io decisi di farmi una sega, guardando quella bella donna formosa che avevo di fronte. Lentamente, molto lentamente, mi sbottonai i pantaloni e tirai fuori il cazzo, già parzialmente eretto. In quel preciso istante, nel sonno, la donna allargò le gambe. Grazie alla sua gonna, potevo vedere distintamente delle mutandine bianche candide a meno di un metro da me. Istantaneamente il mio cazzo prese vigore, e inizia lentamente a masturbarmi. Poi non so cosa mi prese e allungai una mano verso di lei. Sembrava dormire profondamente, e non si accorse che le stavo slacciando due bottoni della camicetta. Poi tre. Poi rimasi a guardare le sue tettone tenute insieme da un esile reggiseno bianco, con il cazzo ancora in mano. Allora notai che l’allacciatura del reggiseno era davanti, e persi la testa. Due secondi dopo lei dormiva ancora, e io mi masturbavo furiosamente guardando quelle tette sode nonostante le dimensioni, con due capezzoli rosa stupefacenti. Ormai stavo per esplodere, e quella visione paradisiaca mi faceva andare in estasi. Sentivo che stavo per venire, e quando ero sul più bello, un nuovo squillo di cellulare mi fece sobbalzare: vidi la donna scattare verso di me mentre automaticamente rispondevo al cellulare, e mentre premevo il pulsante e dicevo “Pronto” lei mi inghiottiva il cazzo con quelle labbra da pompinara facendomi sborrare nella sua bocca, senza perdere nemmeno una goccia. Emisi un gemito di puro godimento mentre dall’altro capo del telefono sentivo “Cosa fai? Sei con altra è? Lo sapevo io! Stronzo!” Allora fuori di me, risposi a Roberta “Stronza sarai tu, brutta rompiballe! Si sto con un’altra e ora me la scopo alla faccia tua! Crepa!” E detto questo lanciai il telefono di fuori, tra il vento e la pioggia, mentre la mia compagna di viaggio si era già alzata la gonna. Le mutandine bianche scivolarono a terra rapidamente, rivelando una figona pelosa ma curata, grondante di umori. “Scopami che aspetti! Hai detto che lo facevi al telefono no? Ora lo fai, anche se siamo sul treno e potrebbe arrivare chiunque! Fallo!” E senza farmi pregare già entravo dentro di lei, il mio cazzo affondava sino alle palle dentro quella figa fradicia da vera troia, mentre lei urlava di piacere e si strapazzava le tette da sola, facendole ballonzolare da una parte all’altra. Pochi secondi dopo la inculavo selvaggiamente, tenendola ferma per i fianchi, con la faccia contro il sedile, fino a sborrargli di nuovo dentro, stavolta nel culo, godendo come un matto. Adoro i viaggi di lavoro.

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