Sull’auto dei genitori di Valeria

Valeria non intendeva lasciare la casa dei genitori, dove godeva di tutti gli agi e le comodità e anch’io non ci pensavo neanche a un’eventuale convivenza che a lungo andare avrebbe potuto anche annoiarmi, quindi ci trovavamo bene così entrambi ed il fatto che i vecchi genitori e i conoscenti la credevano una santa mi faceva eccitare ulteriormente. La chiamai pochi giorni dopo eccitato dal fatto di ripensare alla morbida sensazioni che avevano provato le mie mani sulle sue chiappette gelate. Valeria scese in cortile, visto che i genitori erano appisolati sul divano. Salimmo in macchina, gli parlai della cosa e lei si girò appoggiandosi allo schienale e mi mostrò il culetto aderente ai pantaloni della tuta, negandomelo per spazientirmi, dicendomi che se lo volevo avrei dovuto guadagnarmelo, allora le dissi di sapere come convincerla: abbassai facilmente la tuta per vedere le mutandine e lei divaricò le gambe per permettermi di sfilargliele, i vetri dell’auto non erano ancora appannati dal calore de nostri ansimi e se il vecchio si fosse affacciato avrebbe visto scandalizzato la scena. Appoggiai la testa sul sedile tra i suoi polpacci, lei si abbassò per avvicinarsi e iniziai a leccare la vulva che mi offriva le sue labbra, la baciai provocandogli dei sussulti che mi risucchiavano nelle sue gambe, senza interrompere la leccata che la portava in estasi gli sferrai un colpo a mano aperta tra i glutei per tenderli e stimolargli i sudori freddi che avrebbero raffreddato il suo fondoschiena, lei richiese nuovi colpi ben assestati intanto che veniva preparata all’inevitabile monta con abbondanti lubrificazioni. Dopo alcuni schiaffi sonori, le natiche si erano fatte fresche e ricoperte di sudore freddo, la vagina era umida abbastanza, perciò alzai la testa e mi sfilai i pantaloni per mettermi dietro di lei, affondai piano per fermarmi con il pube incollato alle sue natiche bagnate, Valeria come al solito sembrava perdere i sensi nel momento della penetrazione, stetti per un po’ immobile prolungandogli il senso di mancamento, le sue chiappette gelate e tese dagli schiaffi, comodamente appoggiate sul mio pube mi provocavano brividi adolescenziali, come con una verginella alle prime armi con il suo primo accoppiamento con i sudori freddi per la tensione e l’imbarazzo. All’idea il membro iniziò a richiedere la sua parte e incominciai a sbattere il pube sulle chiap pette algide che vibravano e sbattevano sull’inguine prendendo la forma delle spinte che ricevevano. I colpi veloci la facevano gemere a ritmo convulso mentre io urlavo per cercare di trattenere l’orgasmo che volevo liberare solo dopo avergli procurato il suo, quindi spingevo dentro con foga, stringendo i denti perché la sensazione fredda delle sue chiappate nelle mie zone intime e l’immagine delle sue piante dei piedi pallide a fianco ai miei polpacci, mi spiazzava. Il pressing andava avanti, ammortizzando i colpi suoi glutei che si infrangevano sul mio pube, finché il rumore della pelle sudata che sbatteva la portò a venire bagnando la vagina, mentre guardavo che contraeva i piedi che iniziavano a sudare per lo sforzo, effondendo nell’abitacolo un timido odore di frescume proveniente dal pallido plantare bagnato. Mi avvicinai con la pancia alla sua schiena, mi affiancai al suo viso appoggiando la sua guancia sulla mia e guardando il suo profilo gaudente con la bocca spalancata e gli occhi chiusi, tirai fuori il pene per potergli finalmente bagnare le natiche che mi avevano così provocantemente aizzato. Rimase entusiasta per la prestazione, lasciandomi succhiare i suoi glutei, aprendo le natiche per farmi ripulire l’ano che era stato inesorabilmente schizzato. Il vecchio ormai dormiva e non era stato disturbato dal trambusto sotto la sua finestra.

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