Il pallino della scrittrice
Accidenti a te. Dovrei scrivere un romanzo, per l’amor del cielo, e non parlerei di te. Okay, forse il cowboy non ti assomiglia, il modo in cui quella ragazza lo afferra e lo trascina sul treno, senza preoccuparsi se si arrabbia, non preoccupandosi se maledice come un gatto selvatico, ma sperando che lo faccia. Faresti una cosa del genere, non è vero? Si sedeva lì tutto contento una volta che mi aveva in piedi davanti a se e sorriderà vedendomi arrabbiata; già lo so che lo farà. Ecco come il gioco è cominciato, e sei pure bravo a giocare e fingere. Così dannatamente bravo a tessere la tua strada tra i miei aggettivi e verbi fino a quando ti fa comodo e sai come rispondermi. Ignorare i sostantivi, gli avverbi, saltare le preposizioni e tutte quelle altre parti del discorso. Tolto tutto ti interessa solo quando parlo di sesso e di scopare, il resto del discorso evapora. Fanculo. Fuori dalla mia mente. Non riesco a ottenere qualsiasi lavoro se devo essere con te in giro, per questo ti ho dato una giornata libera, altrimenti non riuscivo a far nulla. Mi sentivo un po’ in colpa, lo ammetto, togliendo la mia bocca dal tuo cazzo, bello e duro, lasciando gocce di saliva dalla lingua, colare lungo l’asta. Ti voglio tanto bene, e starei ore a guardare i tuoi occhi guardarmi, guardarti piegare la testa e gemere, mentre mi sborravi in bocca senza avvisarmi e poi ridevi nel vedere che io ingoiavo tutto senza lamentarmi. “Pagherai per questo”. “Ho il sospetto che lo farò”. “Ho tutto il pomeriggio, lo sai”. “Per che cosa?” “Per pensare ad una punizione adeguata”. Si infilò i jeans e si fermò davanti a me, la cerniera così vicino al mio naso che l’avrei strappata giù con i miei denti e rifatto quello che ora avevo appena finito, ma la voglia era troppa. Fermo al semaforo immagina di trovarti con me seduta sopra di te, le mie ginocchia sul cuscino, le mani sulla testata, la mia fichetta umida gocciolante sulla tuo bocca in attesa di poterla leccare. I guidatori intorno a te suoneranno il clacson mentre tu dopo avermi leccato il clitoride e le labbra ed allargatomi la figa con il pollice, ci infili il tuo cazzo fino in fondo, godendo della mia caverna umida. Sì, io amo godere con te, ed uscirei adesso per farci una scopata, ma il lavoro del libro deve proseguire e siamo già in ritardo con la consegna della prima bozza. Oserei dire che la sua punizione non sarà più così divertente come le cose che sogno per me. Intanto penso alla tua punizione e sfrutto l’idea per un capitolo del libro; mi viene in mente un dildo da infilarmi prima nella mia fichetta e poi infilartelo in bocca e fartelo leccare tutto e sentirti gemere. Già, una punizione, ma credo che per te sarebbe più un piacere che un supplizio. E’ così freddo qui. I miei capezzoli sporgono attraverso la camicia di cotone sottile, e voglio tirarli tra le mie dita, ancora più fredde. Vuoi comprare qualcosa di nuovo da farmi indossare questa sera? Forse un nuovo paio di orecchini che sarà scintillante e penzoleranno mentre ti stimolerò e subirai la punizione. Cosa ne pensi di calze nere a coscia-alta, molto costose? Un reggiseno nero e molto scollato, di taglia e dimensione troppo piccola per contenere le tette per intero, abbinato alle giuste mutandine di pizzo. Will ubbidì, andando a comprare l’intimo nuovo e sexy per la moglie ed una volta tornato a casa li pose sul tavolino in bagno e le disse di vestirsi sexy. Si spensero le luci e si sedette in silenzio nel buio; la luce del bagno si accende lentamente ed io mi avvicinerò a te, cominciando ad accarezzarti, molto lentamente, il tempo lo scandirai tu. Io verrò davanti a te spontaneamente, ma resisterò alla tentazione di caderti in ginocchio davanti. I tuoi occhi mi guarderebbero avidamente, il tuo respiro si farà più accelerato, e io terrei chiuse le mie gambe mantenendo saldamente la mia mano tra loro mentre inarco la schiena e mi avvicino sempre di più a te per vedere se sai resistere alla tentazione. Io sono il tuo giocattolo, la tua puttana disposta a far tutto; non sprecare l’occasione. Questo non sta funzionando molto bene. Il mio manoscritto è lungi dall’essere completato, e sono così lontano dal trovare lo spunto per proseguire. Ho altro per la testa. Ho bisogno del tuo calore, di sentirmi aprire, rompere; ho bisogno delle tue mani tra i capelli, di sentire le tue labbra ed i denti rastrellarmi il collo. Ho bisogno delle vostre dita dentro di me, il tuo schiaffi sul mio culetto, mentre mi scopi il culo alla pecorina. Oh, schiaffi. Io non te l’ho mai detto questo, ma ho una fantasia su di te ultimamente, la tua mano che mi schiaffeggia il culo mentre mi scopi prima la figa e poi il culo, a pecorina. Io davanti a te, con le gambe spalancate e tutti i miei buchi in bella vista, tu dietro che me li sfondi a turno, riempiendomi di parolacce e schiaffeggiandomi il culo con forza, prima una chiappa e poi l’altra, sino a farmele diventare rosso peperone. A malapena ricordo un tuo braccio intorno alle mie spalle, mentre mi sostieni, io a cavalcioni su di te, appoggiata e mentre spingo verso l’alto e verso il basso sentendo il tuo cazzo che mi apre in due il culo, mentre tu selvaggiamente mi baci, e le mie mani scavano nei tuoi capelli, le tue dita dentro la mia figa bollente e tu senza pietà mi scopi senza fermarti mai. Sì, hai fatto questo a me, mi hai fatto impazzire, anche se eravamo ubriachi. Mi hai anche sborrato nel culo, ma forse eravamo troppo persi nei fumi del piacere per ricordarci tutti i particolari. Stai indossando gli stivali. Li sento sul pavimento di legno, come a grandi passi cammini verso di me. La luce è spenta e devo ascoltare ogni rumore per capire. C’è un altro suono, un fruscio debole. Velluto? Seta? Una corda? C’è un tintinnio sordo di metallo. Ti sei slacciato i pantaloni e fatti cadere sul pavimento. Ho sentito che li hai calciati e spinti da parte e poi hai gettato la camicia sul pavimento. Posso sentire il tuo calore. Senti il mio cuore battere contro il mio petto a tempo con il battito del cursore sullo schermo del computer ancora vuoto, esigente, esigente, devo finire il lavoro. Devo. Forse, perchè il desiderio di te è maggiore di un libro concluso. Una mano afferra il polso, l’altra si chiude attorno alla mia gola. Stretta. Ti piace e ti fa godere essere il mio padrone e stringere la tua mano sulla mia gola: Dillo!! “Non ci sono altre parole. Tu sei la mia puttana schiava, adesso. Non serve parlare, obbedisci a basta”. Ed io lo sono. A questo punto, ti darò qualsiasi cosa – supplicami, implorami, promettimelo, strisciami davanti, solo per stare dentro di me. E così, ancora una volta, mi apro a te e lascio la mia carne per essere il foglio bianco su cui scrivere i tuoi desideri più oscuri. Quindi, ancora una volta, ti offri a me, i tuoi più oscuri desideri riempiono le pagine del mio libro mentale. Quindi, ancora una volta mi lasci senza fiato, senza senso, senza parole, completa. Quindi, ancora una volta, sono sazia; per il momento. Mi sveglio dal torpore e mi accorgo che ho scritto un paio di capitoli interessanti. Un altro pezzo di libro è scritto.
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