Papà spione - parte 1

Il sig. Granpasso era un uomo sulla cinquantina, basso, tarchiato, con il doppio mento coperto da una rada peluria grigia e due occhietti acquosi inespressivi. Lavorava da una vita in banca e aveva fatto una discreta carriera, in modo tale da vivere agiatamente. Da ormai sette anni era divorziato, con una figlia che il tribunale aveva deciso di affidare a lui poiché la madre era una brava donna ma disoccupata. Questa figlia si chiamava Debora, ed era attualmente l’unica gioia del sig. Granpasso, che passava tre quarti della giornata in ufficio e solo i ritagli del suo tempo a casa. Poi, quel poco tempo che stava a casa il più delle volte Debora era fuori a studiare da amici o in giro a divertirsi. Aveva appena compiuto diciotto anni, ed era straordinariamente diversa dal padre, che non era mai stato un bell’uomo nemmeno da giovane. Infatti Debora era tutta sua madre: alta, slanciata, con due gambe lunghe culminanti un sedere sodo e sporgente. Vita sottile e snella, due tette appena accennate e un collo lungo e bianco. Occhi di un colore particolare tra il verde e l’azzurro, grandi e ipnotizzanti. Portava i capelli biondi lunghi fino a metà schiena, con la frangetta para che le ricadeva sulla fronte fin quasi a sopra gli occhi. Un giovedì pomeriggio, il sig. Granpasso riuscì a fuggire dalle grinfie della banca abbastanza presto, e non vedeva l’ora di tornare a casa a rilassarsi. Con sua grande sorpresa, appena girata la chiave nella toppa ed entrato nell’ingresso, sentì delle risatine femminili provenire dal soggiorno. Si diresse nella stanza e trovò sua figlia Debora con una sua amica che stavano studiando sedute al tavolo di mogano. O meglio, stavano chiacchierando e ridacchiando con davanti i libri di scuola. Era estate, e mentre il sig. Granpasso era in maniche di camicia, con due macchie umide sotto le ascelle e la giacca sottobraccio, le due ragazze portavano degli shorts molto corti e un top aderente che lasciava ben poco all’immaginazione. L’amica di Debora aveva il reggiseno sotto al top, mentre sua figlia, visto che stava a casa sua, non portava niente sotto e si potevano vedere distintamente le due curve delle tette e un accenno dei capezzoli da sopra il top. Vedendo quelle due giovani bellezze, il sig. Granpasso ebbe subito un fremito, salutò impacciato e si ritirò in cucina con una solida erezione sotto i pantaloni. Il suo rapporto con Debora non era affatto affiatato, infatti si salutavano appena e mangiavano ad orari diversi incontrandosi poco, ma il sig. Granpasso aveva un debole incredibile per la ragazza, sebbene fosse sua figlia. Fantasticava ogni notte su cosa avrebbe potuto fargli se non fosse stata sua figlia, e finiva con l’addormentarsi sudato dopo essersi masturbato con foga. Così quel giorno decise di preparare uno snack e dell’aranciata e portarlo in salotto, dove venne accolto con gioia. Le due ragazza mangiavano e bevevano contente mentre il padre di Debora si beava delle loro forme in movimento, strippate all’interno di quegli abitini succinti. Dopo la merenda, l’amica di Debora salutò la compagna e se ne andò, mentre la ragazza salutò il papà dicendo che sarebbe andata al bagno a fare una doccia per poi uscire ed andare al cinema. Ma il sig. Granpasso era troppo eccitato per non cogliere quest’occasione al volo, si mise a sparecchiare silenziosamente mentre aspettava che la figlia si chiudesse al bagno. Appena sentì il “CLACK” della porta che si chiudeva, lasciò subito stare quello che stava facendo e corse davanti alla porta del bagno. Si mise in ginocchio e prese ad osservare dal buco della serratura, con il cuore in gola. Debora si stava spogliando rapidamente: in una mossa gli shorts erano a terra e lei rimase con un perizomino blu scuro che le divideva a metà quelle chiappe sode che si ritrovava, mentre davanti il tessuto era così aderente che si potevano scorgere le labbra della fica. Poi la ragazza si tolse il top rivelando al padre due tettine piccole ma sode e ben fatte, con due capezzoli rosa scuro dritti e appetitosi. Il sig. Granpasso aveva la bava alla bocca, e senza starci su a pensare tanto si sbottonò i pantaloni e si tirò fuori il cazzo, già duro come il marmo e voglioso di quella carne fresca. Intanto Debora si era sfilata il perizoma da dietro, lasciando libero il suo culo morbido. Il sig. Granpasso pregava che prima di entrare nella cabina della doccia si girasse per poterla vedere nuda di fronte oltre che da dietro, ed ecco che Debora si volta per prendere una cuffia rosa per non bagnarsi i capelli. I piccoli occhietti del sig. Granpasso sono catturati da quella fighetta giovane e tutta depilata. Quella superba visione dura appena un secondo che la ragazza si infila in doccia, apre l’acqua e chiude l’anta della cabina dietro di se. Maledizione! Il sig. Granpasso non era certo sazio, bastava guardare in che stato era il suo cazzo venoso per capirlo: la cappella stava per esplodere e lui fantasticava di poter leccare e baciare la fica di sua figlia. Improvvisamente, gli venne un’idea. Corse in salotto senza nemmeno rimettersi il cazzo nelle mutande, e una volta li si mise a cercare il cellulare di sua figlia. Prima, mentre era con la sua amica, aveva visto che stavano usando il cellulare, quindi doveva essere li da qualche parte. Dopo alcuni minuti affannosi finalmente il sig. Granpasso lo trovò, e cercò il numero della tale Francesca, la ragazza che era venuta a studiare poco prima…

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