La topa di biblioteca

Sono certa che quando per la prima mi ha vista nella libreria, quel giorno d’estate, ha avuto una impressione sbagliata. Ero seduta in stile indiano sulla sedia di legno, capelli raccolti in una crocchia, qualche ciocca riccia che incorniciavano le mie guance arrossate, gli occhiali alla moda appoggiati sul mio naso, e leggevo un grosso libro di metafisica senza alzare lo sguardo. Non l’ho notato, ma a quanto pare mi ha notato prima lui. Come ho scarabocchiato alcune note sul mio blocco di carta, si avvicinò, sedendosi accanto al mio. Probabilmente mi ha trovato insignificante, anche perchè apparivo come la classica studentessa tutta libri e niente vita sociale. Una secchiona, se così si può dire. “Ti dispiace?” Chiese. Scossi la testa sorridendo, prima di proseguire nella lettura. In pochi secondi ho potuto sentire il suo odore, un fresco profumo riempii il nostro angolo ed il mio naso. Ero sudata, dopo un pomeriggio in biblioteca… si sentiva? ero nervosa al pensiero potesse sentire i miei odori. In caso affermativo, l’aroma naturale femminile lo attrae? Poteva sentire l’odore dei feromoni che sicuramente uscivano mescolati al sudore? Ero elegante? i miei capelli erano carini in quella sorta di pettinatura un po’ spensierata, o ho l’aspetto di una bibliotecaria repressa? In un tempo molto breve, passai dall’ essere completamente immersa nelle filosofie metafisiche di Bertrand Russell all’essere ossessionata al profumo che il ragazzo sprigionava. Non riuscivo a pensare ad altro che immaginare i suoi tricipiti indurirsi sotto le mie mani. Volevo toccarlo ovunque. Volevo trascinare le mie tette nude contro il suo petto nudo. Volevo consumarlo. Volevo godere. Non voglio annoiarvi con gli eventi delle prossime tre ore. Non sono nè lontanamente sexy nè particolarmente interessante, ma la bellezza a quel tempo aveva un altro sapore e spesso culminava nel mio appartamento climatizzato, dove ero pronta a soddisfare gli appetiti sessuali di ragazzi giovani e carini. Il mio comportamento educato ed il mio stravagante umorismo raffinato mi ha fatto guadagnare l’appellativo, seppur maschile, di “agnello”. Dopo tutto, un “agnello” non avrebbe mai fatto le cose che gli stavo per fare. Ma un lupo si. Lo incontrari per strada il giorno dopo e con la consueta faccia tosta che mi contraddistingue, lo invitai a salire da me, se non altro per una ripassata (falsa) a qualche materia universitaria di cui avevo già dato l’esame. Accettò. Dopo qualche minuto di bacio profondo, in cui le nostre lingue avidamente combattevano una contro l’altra, lo invitai a raggiungermi sul letto. Mi guardò sorpresa che il modesto piccolo topo di biblioteca che aveva incontrato poco prima, il suo “agnello”, era in realtà un lupo sessualmente vorace che potrebbe benissimo farlo a pezzi e divorarlo in qualsiasi momento. Gli ho abbassato i pantaloni quanto bastava per rivelare un cazzo duro, liscio e con una folta peluria lunga. “Mmmm,” gemetti vedendolo pulsare tra le cosce, “è incantevole”. Lui sorrise, ma non disse nulla. I suoi occhi erano fissati su di me mentre alzavo lentamente la canotta permettendo al mio seno ampi movimenti liberi, prima di far scivolare la camicia sopra la mia testa e lanciandola da parte. La sua bocca era ormai spalancata mentre mi fissava le tette, una quarta abbondante, due capezzoli rosa che invitavano a giocarci e leccarli avidamente. Le mie mani avvolsero i suoi piedi. Partendo dai suoi piedi, ho cominciato a massaggiarlo, costringendolo a gemere di piacere. Vennero poi i polpacci, le ginocchia, le sue cosce, che cominciarono a tremare quando si rese conto che ero pericolosamente vicino al suo scroto. I suoi fianchi erano premuti in avanti come se stesse cercando di forzare il suo cazzo nella mia mano, probabilmente desideroso di un bel lavoro manuale. Ma io avevo altri piani. Dopo essermi tolta le mutandine, ormai bagnate dai miei umori e diventate appiccicose, gli strofinai la mia figa gocciolante sulle gambe, massaggiando i miei liquidi gelatinosi con le mani, per fargli sentire tutto il mio calore. “Chiudi gli occhi”, ordinai, sentendomi molto più audace di quanto non lo fossi in realtà. Ho anche gustato la forza che sentivo nell’essere anonimo e misterioso. Egli acconsentì dopo aver lanciato un ultimo e lungo sguardo al mio corpo nudo ed abbronzato. Mi sono posizionata sopra il suo cazzo palpitante fino a strofinarlo per tutta la sua lunghezza contro la fessura della mia figa. Sentivo che mi toccava il buco del culo, titillandone il buchetto con le dita, quasi volesse entrarci. Con le sue mani mi teneva saldamente ferma e bloccata in questa posizione. “Voglio scopare”, gemette. La sua voce mi ha colto di sorpresa, ma reso felice me ed alimentato il mio senso sempre più sadico di controllo sul maschio. Stavo per prendere in mano il suo cazzo per infilarmelo dentro, ma mi bloccò. “Non ancora,” Mi sorrise malignamente. Avrei voluto il suo cazzo dentro fino a sentire male, al punto che non potessi più sopportarlo. Vedevo che trasudava precum, così tanto che sta letteralmente colando giù dalla sua verga. Mi spostai in avanti e con un gesto rapido mi infilai il suo cazzo nella figa, dopo averlo strofinato per qualche istante sul buco del culo. Gemeva di voglia e la mia figa continuava a gocciolare, il che rese più facile la penetrazione. Come gesto di buona volontà, e perché mi sentivo selvaggia, ho fatto scivolare in avanti il mio corpo ed immerso il mio capezzolo nella sua bocca aperta. Ha cominciato a leccare, succhiare e morderlo. La sensazione dei suoi denti sulla mia tetta mi ha fatto strillare e gemere, il che alimentavano la sua eccitazione e morse ancora di più, causando alla mia figa forti e continui spasmi. Mi chinai leggermente e rotolai i suoi capezzoli eretti tra i miei indice e pollice, torcendo e tirandoli verso di me. Trovava difficile concentrarsi sul succhiare e mordere i miei, eccitato com’era per le strizzatine che gli stavo dando, senza sosta. Decisi di utilizzare la mia lingua e di passargliela sulla guancia, in modo molto delicato, incontrando il collo prima e poi la spalla, e finendo poi tra i suoi pettorali perfettamente formati. La mia bocca si unì con la sua, che ho mordicchiato leggermente in un primo momento, e poi tornai a dedicarmi ai suoi capezzoli, mordendoli, leccandoli e riproducendo tutti i trucchi deliziosi che aveva fatto a me. Mi mossi su e giù, facendo uscire e rientrare diverse volte il suo cazzo nella figa e facendogli incontrare , seppur come assaggio, il mio culo. Lui grugnì come un animale. “Dai, agnello”, piagnucolò, “ti sfondo con il mio cazzo”. “Masturbati per me», dissi con una voce rauca che non avevo mai avuto prima. Era sexy e sapeva di comando. Mi era piaciuta. “Fallo”, ho aggiunto severamente. La sua mano sinistra circondò le palle, trazionandole e sfregandole, mentre la mano destra diffondeva il precum chiaro dalla punta a tutta l’asta, toccandosi lentamente su e giù. Lo vedevo pulsare nella mano mentre faceva oscillare i fianchi avanti e indietro come se stesse scopando una persona invisibile. La mia umidità cominciava a diffondersi sulle mie cosce e la mia figa era piena di tanto brodo e il dolore iniziale aveva lasciato il posto al piacere. Mi sporsi in avanti, verso il suo orecchio, sfiorandolo appena. Poteva sentire e ascoltare la mia respirazione ed il mio ansimare. Avevo voglia di succhiargli il cazzo; senza farmelo ripetere due volte mi fiondai in mezzo alle sue gambe ed aprii la bocca completamente, accogliendo il suo uccello fino in gola. Con rapidi movimenti di bocca e lingua andai su e giù simulando fosse la mia figa, ed in realtà gli stavo facendo un succulento pompino. Il suo cazzo pulsava contro la mia lingua calda. Le mie labbra scivolavano contro la cappella dura e violacea della sua erezione, e succhiai fino in fondo il suo albero fino a che non arrivò in fondo alla mia gola. Ho potuto assaggiare la sua precum, che ormai era spalmata su tutta l’asta. Le sue mani mi tenevano ferma la testa ed erano saldamente ancorate ai miei capelli, costringendomi a succhiare senza sosta, ma non mi dispiaceva. Ero ancora io che tenevo la situazione sotto controllo. Era la mia preda che stava perdendo la battaglia. Ho smesso di succhiare per chiedergli: “Mi chiedo se la mia figa si sentirebbe meglio se sentisse nuovamente il tuo cazzo. Cosa ne pensi?”. Non rispose. “Vediamo un po’, va bene?” dissi, come l’ho rimontato. Le mie gambe a cavalcioni sopra di lui e la mia figa appoggiava sopra il suo cazzo dritto, consentendo solo alla testa di entrare dentro di me. I miei muscoli pulsavano e massaggiavano la sua punta, mentre l’ho fatto scivolare, in modo tremendamente lento, giù, giù, giù. Quando la mia figa aveva finalmente inghiottito tutto il cazzo, ho cominciato a guidarlo, battendo la mia fessura bagnata ed il culo contro il suo bacino. Io strillavo e godevo, mentre lui gemeva e grugniva. Sembrava come se qualcuno venisse ucciso lì nel mio letto. Con un unico movimento, mi ha girato sulla schiena, in modo da poter avvolgere le mie cosce strette intorno ai fianchi e tenerlo dentro di me. Le mie mani premute contro il suo petto, giocando col pelo e graffiando la pelle esposta. Continuava a scoparmi, cercando in tutti i modi di trattenere l’orgasmo per poter godere più a lungo possibile. Il tentativo risultò vano. Tirò fuori il suo cazzo rapidamente fuori giusto in tempo per sparare il suo carico bianco perlato sulla mia pancia e sulle tette. Era come se la preda fosse per un attimo diventata predatore e ora stesse segnando il suo territorio. Ora sono solo in attesa di rivederlo e come un lupo travestito da agnello, ribaltare la situazione e divorarlo.

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