Il piacere dell’infortunio

IL PIACERE DELL’INFORTUNIO “Tira Jack!” grida il mister. Sono libero, mi coordino, allungo la gamba. E’ un momento, ma dura un’eternità. Sto per impattare la sfera e: “Uargh!” Avverto un dolore atroce, il quadricipite che pulsa, mi piego a terra in preda a spasmi tremendi. Vedo i compagni fare capannello intorno a me mentre il difensore della squadra avversaria si gratta il naso con indifferenza. Sono tanto sofferente che piango, mi estraneo: non mi rendo più conto di niente. Una cosa sola è certa, mi sono fatto male abbastanza da dover lasciare il campo. Il giorno seguente mi ritrovo nello studio del fisioterapista della squadra. Sono l’ultimo, è quasi l’una. Ci sono parecchi infortunati quest’anno, dev’esserci un problema nella preparazione. “Accomodati” mi fa la ragazza. “Grazie” rispondo.  “Spogliati per favore.” “Dov’è il dottor Cenci?” “Lo sostituisco io questo mese.” Accidenti, penso. Sgrano gli occhi. E’ imbarazzante trovarsi lì dentro perché la tipa è una gran bella fica. Mi faccio coraggio e calo le braghe. Ho le cosce lunghe e muscolose. Lei fa finta di niente, ma le piaccio, me ne accorgo subito. Oltretutto sono educato e gentile: attraggo spesso le donne con facilità.  “Dove ti fa male?” mi chiede. Mostro il quadricipite e le spiego l’accaduto. Mi fa stendere sul lettino e si mette a fianco a me. Mi palpa la gamba che duole, anche se sta molto meglio. Esamina vari punti, spinge con le dita e mi domanda come sto. Sembra aver capito l’entità del problema senza che si debba ricorrere ad ecografie o roba del genere, ma non stacca le mani dal mio corpo. Intraprende un massaggio con i palmi che mi pare decisamente inusuale. E’ lento, mi fissa con un’attenzione inconsueta, arriva nell’interno coscia. A un certo punto sospira. Il suo tocco sensuale continua e insisto a pensare che non sia curativo. Quando mi sfiora le palle con il dorso della mano non ho più dubbi. Il mio uccello si gonfia nelle mutande bianche, tanto sottili che si possono contare le vene e si può vedere chiaramente il glande. Ce l’ha lì, sotto gli occhi, che tira come un cavallo da corsa sollevando l’elastico degli slip. Le sue dita si insinuano all’interno, sui testicoli. Sente l’asta durissima. Ansima palesemente. “Ti farà male, così costretto? Sarà il caso di tirarlo fuori…” Senza che faccia in tempo a risponderle, lo ha già preso saldamente, come un manico. Mi alzo leggermente per togliere le mutande. Inizia a masturbarmi, stupendosi della cappella enorme mentre respiro forte, insieme a lei, che non può resistere: comincia ad accompagnare il movimento della mano con la bocca. Con l’uccello tra le sue labbra, percepisco chiaramente la lingua morbida che si dimena sul frenulo. L’eccitazione sale, vorrei godere rumorosamente perché la fisioterapista ci sa fare di brutto, ma ho paura che mi senta qualcuno. Lei continua, tra una pausa e l’altra si strofina il pene sulle guance, sul mento, sulla fronte. Alla fine lo riprende tra le fauci e lo ingoia tutto, io le stringo il viso tra le gambe per trattenerla e sborro violentemente. La zoccola manda giù, e mi sembra che il suo piacere sia persino più del mio. Dopo il pompino da Oscar, con la faccia un po’ sporca, mi dice: “Adesso ti levo l’altra contrattura”. “Quella sul quadricipite? – ironizzo – Era ora.” La ragazza si pulisce, poi mi fa strillare premendo forte sul muscolo. Un attimo più tardi mi comunica di aver finito. Io la ringrazio e le domando: “Devo tornare a fare altri massaggi?” So benissimo che quello che ha appena fatto è sufficiente, ma se volesse farmi un altro lavoretto non disdegnerei affatto. “Non occorre” afferma con un pizzico di dispiacere. Aggiunge: “Per favore, non raccontare a nessuno quello che è successo stamani. Non so cosa mi sia preso. Sono una professionista seria, ho lavorato con decine di atleti e non ho mai combinato una stupidaggine del genere”. Io resto allibito: ha fatto la troia solo con me? Evidentemente devo essere irresistibile per lei. Ne approfitto: “Non so se posso tacere su questo episodio. Sono molto legato alla società e non voglio che ci siano impostori che si comportano in modo scorretto.” “Se mi fai questo, mi rovini. Cosa posso fare per evitare che parli?” “Possiamo vederci stasera.” “Volentieri” conferma la giovane donna. Le lascio l’indirizzo di casa mia e me ne vado. Alle 21 la fisioterapista è sul divano del mio salone. Ha una gonna succinta, le vedo quasi le mutande, con le cosce magre e toniche, nude. Sopra monta un seno da capogiro. Ha le labbra rosse e carnose. Ricordo in modo fervido quello che è successo tra di noi. E anche lei, che ammette: “Per tutto il giorno non ho fatto che pensare ai tuoi occhi, ai tuoi muscoli, al tuo grosso uccello”. “Pure io ho pensato a te. Al fatto che non ho conosciuto la tua signorina.” Lei non risponde. Apre solo le gambe. Non c’è traccia delle mutande e la sua fica fradicia ha mollato il cuscino. Mi metto sulle ginocchia per ricambiare il favore del mattino. La bacio, la assaporo, la lecco, la succhio, mi strofino con il naso, le guance, godo sentendola uscire di testa. Lei viene, tenendomi la testa forte, tanto da farmi male. Allora la penetro. La nostra pelle sembra nata per unirsi, per scopare: la posseggo con ardore tenendole il sedere con le mani finché non ha ancora un orgasmo. Esausta, decide di nutrirsi di nuovo del mio seme. Mi fa alzare e dice: “Scopami la faccia.” E’ sensuale e troia al punto giusto: la infilo con il pene e la spingo avanti e indietro. Vedo che il mio cazzo le sparisce tutto dentro. Un colpo, ancora un colpo, ed ecco che la inondo ancora, la riempio di sperma.

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