IL MISTER

“Claudia devi passare quella cazzo di palla!” grido infuriato. Lei bofonchia qualcosa che non posso udire, per sua fortuna. Ma mi fa comunque incazzare. Claudia è la migliore giocatrice della mia squadra di calcio a cinque, ma vuole sempre strafare. Per colpa sua ci siamo appena mangiati il gol del pareggio. Vorrei punirla con la sostituzione ma sarebbe un suicidio: è la più forte. Stringo i denti e mando giù. “Tania, la marcatura!” richiamo all’attenzione la difesa che oggi non mi piace per niente. E ho ragione, perché dopo pochi istanti dall’errore di Claudia, subiamo un’altra rete. Siamo sotto di due gol e ormai è finita. Mi abbandono a un’imprecazione e inizio a ragionare sul messaggio da dare alle ragazze negli spogliatoi. L’arbitro fischia tre volte. Chiudo la porta non appena entrano le giocatrici. Sono pronto allo show. “Dannazione, ma si può giocare così?” Attacco con la ramanzina cercando di mantenere la calma, altrimenti perdiamo pure la prossima partita. Mentre parlo, come al solito, c’è Claudia, la più spregiudicata e brava, che mantiene il suo atteggiamento sicuro e sfrontato anche negli spogliatoi. Quando le faccio notare di aver sbagliato, tace guardando a terra. La cosa più sorprendente è che durante la chiacchierata mi ignora, colpita nell’orgoglio, e come al solito si spoglia senza ritegno. Io vorrei dirle che si deve coprire per portarmi rispetto, ma ha due tette da giornalino porno che mi fanno venire il cazzo duro come una pietra. Insomma: se le mette in mostra non mi fa che un favore. Mi passa anche l’incazzatura, spesso, ma stavolta sono preoccupato sul serio perché dobbiamo vincere il campionato e non possiamo lasciar punti in quella maniera. Finita la reprimenda, prendo in un angolo Tania e Claudia, alle quali ho rivolto delle critiche, per parlarci ancora: “Quando avete fatto non andate via, ho bisogno di dirvi alcune cose.” Esco dallo spogliatoio. Dopo qualche minuto le ragazze cominciano a venir fuori alla spicciolata, con l’aria mogia per la sconfitta. Sento Tania chiamare: “Mister, puoi venire, siamo rimaste solo io e Claudia”. Sbuffo ed entro. Sono sedute sulla panchina, fianco a fianco. Tania è pronta, l’altra, invece, è ancora a tette di fuori. Come faccio ogni volta a confrontarmi con questa pazza? Ho l’aria tranquilla, non voglio mettere altre pressioni sulle due giocatrici. Prendo a dare indicazioni e Claudia mi fissa come se fossi uno stronzo. Ho l’uccello a mezz’asta tanto per cambiare: è nuda a parte il perizoma. Che razza di troia. Mentre Tania, indifferente ai modi della compagna di squadra, mi ascolta con attenzione, l’altra inizia a guardarmi il pisello. E’ la prima volta che succede una cosa del genere. Io sto parlando e quella mi fa: “Vieni qui.” “Claudia, sto spiegando la tattica. Non ti interessa?” “Sta zitto e vieni qui” ribadisce stizzita. Mi avvicino e prima ancora che possa aprir bocca per chiederle che diavolo vuole, inizia a palparmi il cazzo. Tania osserva la scena incredula. Claudia decreta: “Tiralo fuori”. Io tentenno. Ripete, a voce più alta: “Tiralo fuori”. Sono arrapato come un cavallo da corsa mentre le guardo quelle tette grosse con i capezzoli rossastri e giganteschi. Mi sbottono e calo le braghe. Il mio cazzo è pieno di nervature pulsanti, ho il cuore in gola, una cappella che pare un fungo porcino. E’ duro che più non si può. Ostentando sicurezza, le chiedo: “Sei contenta, ora?” Lei assume un’espressione severa, ma capisco che non vede l’ora di entrare in collisione con il missile. “Altroché se lo sono. Però ti pregherei di continuare a tacere, non ti sopporto più.” La donna è impertinente e la cosa mi manda ancora più fuori di testa. Tania è attratta dal mio pene in grandissima forma per l’occasione, ma cogliendo che la situazione è sbagliata, si leva dalle palle. Meglio così: se non vuole sentire il manganello fa bene a togliersi di mezzo. Io ormai voglio sborrare, e sono ben sicuro che ci penserà la signorina che ho di fronte, che mi stuzzica lasciandomi fermo come un baccalà con l’uccello di legno. “Allora, lo vuoi assaggiare o no?” le domando. La zoccola, ferita nell’orgoglio, resta immobile e mi guarda negli occhi con il cazzo a pochi centimetri dalla faccia. “Sei una vacca.” Claudia è eccitata dalle mie ingiurie. Noto che il perizoma si bagna, è zuppo. Glielo faccio notare. Lo indico e le dico: “Vedo che ti piace”. Lei tace. Il perizoma si fradicia ulteriormente. Prepotente, mi avvicino al sul volto. Lei mi guarda il cazzo. Resiste per uno, due, tre, quattro, cinque secondi… poi spalanca le labbra e lo accoglie, strusciando sapientemente. Lo afferra con la mano e prende a fare su e giù. Il mio pene è granitico al punto che sento appena le sue dita sull’asta, ma il movimento lo tiene sempre in tiro e nella bocca il glande è tanto grosso che gliela riempio tutta. Mi avvicino ulteriormente e lei va indietro con la testa trovando il muro. Vi si appoggia poiché non può più indietreggiare e io le scopo la faccia con veemenza, mentre lei si strozza, gode, succhia. Prima di sborrarle nell’ugola mi ritraggo: voglio buttarglielo dentro. Mi tolgo, lasciandola senza fiato, comando: “Tirati su, mignotta”. Claudia è tanto disinibita da non sentirsi umiliata. Mi dice: “Inculami”. Si gira e scosta il perizoma. Io ringhio come una bestia e la penetro nell’ano, senza pietà. Il suo culo da calciatrice è grosso e muscoloso, ma quando spingo fino in fondo le vedo un po’ di cellulite. Mi fa pensare che è donna, una troia inaudita, e allora lo meno con tutta la foga che posso. Lei frigna, provocandosi dei lividi urtando la panca con le ginocchia. Claudia urla di piacere e io le sborro nel culo con un ultimo potente colpo, spalmandola contro il muro.

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