Il Camerino - Parte 1

  Sono ormai sette anni che lavoro come direttrice di reparto presso un grande magazzino di Milano, si vende di tutto qui, dagli abiti all’arredamento passando per accessori di stile, io sono assegnata alla sezione abbigliamento, forse perché  ho sempre dimostrato di avere un buon gusto nel vestirmi e forse perché sono una ragazza tutto sommato carina. Ventinove anni, capelli rossicci, occhi chiari e qualche lentiggine sul viso, snella ma con un bel seno. Sono sempre stati molti i ragazzi che mi hanno fatto il filo nel corso degli anni, dal liceo fino all’università e poi dopo la laurea magistrale in economia, tuttavia dopo il termine di una lunga storia, finita malissimo peraltro,  mi sono presa una pausa molto lunga dagli uomini, almeno così era fino a quella sera. La matricola del nostro reparto, arrivata fresca dal corso professionale che si è tenuto a Roma si chiamava Filippo, un ragazzino ventenne, anche lui come molti dei nostri commessi appena entrato all’università. Non altissimo, fisico longilineo, curato quanto basta nel vestire e nel modo di presentarsi, senza dubbio un bel sorriso. L’ho assegnato alla sezione femminile, non avevo altro posto e poi lì lavorano la nostre commesse più esperte, su tutte una quarantenne, Marzia, in questi magazzini da ormai due decenni. Come faccio sempre, dopo il colloquio conoscitivo e il tour generale, ho presentato il giovane a tutti i suoi colleghi. Una bella accoglienza nel complesso, sotto di me si sono instaurate buone amicizie e ogni tanto si organizzano addirittura serata tutti insieme. Per oltre un mese tutto è filato liscio, Filippo si è ambientato presto e come solo i giovani sono in grado di fare, ha preso in lampo dimestichezza con tutte le varie mansioni e compiti. Tuttavia quel giorno avremmo affrontato la parte più noiosa in assoluto, nonché la più lunga, l’inventario. Facciamo questo genere di cose periodicamente, tuttavia i saldi erano alle porte e prima di tutte le grandi promozioni sistemiamo le scorte in modo da avere tutto in abbondanza per i clienti e prepariamo direttamente gli sconti. Un lavoraccio barboso e poco stimolante nel quale io devo controllare un quintale di liste assurde, forse la parte che odio di più in tutto l’anno. Si tratta di un turno extra comunque, ben pagato perché fatto in una delle rare domeniche di chiusura. Quest’anno avevo budget solo per tre collaboratori oltre la sottoscritta e visto che ci tenevo a formare del tutto il ragazzo come commesso, ho chiamato lui, Marzia e un’altra dipendente che mi aveva confidato di avere bisogno di qualche euro in più per la famiglia. La giornata è partita alle nove in punto, tutti pronti, in abiti comodi ma con i nostri cartellini in vista dato che il grande magazzino era comunque sorvegliato. Fa sempre un certo effetto vedere dei luoghi solitamente affollati completamente vuoti, il rimbombo dei passi udibile, il silenzio assordante per le corsie e quella mancanza di interruzioni tipiche che la torma degli avventori ti impone durante il servizio per rispondere alle richieste più disparate. Ci siamo messi al lavoro con una certa alacrità e devo dire che la squadra da me composta si è rivelata molto efficiente. Dopo un pranzo fugace fatto tutti insieme nella saletta dipendenti, ci siamo divisi la parte burocratica, quella meno piacevole: compilare le liste generali visto che ormai il negozio era in ordine impeccabile e che aspettavo solo i moduli compilati per stilare il bilancio definitivo e preparare gli ordini di capi. Le sei arrivarono in fretta e tutti mi consegnarono la loro parte ben redatta. Io intanto, d’accordo con la vigilanza, avevo deciso di rimanere oltre l’orario dato che avevo le chiavi, al solito sarei potuta uscire dal posteriore dell’edificio, dopo che i custodi se ne fossero andati. Non avevo impegni quella sera e visto che il giorno seguente avrei avuto il turno di riposo, era meglio per me completare del tutto il’inventario e finire le scartoffie. Tutti presero congedo allegramente, Filippo ci aveva assillato un intero pomeriggio parlando della sua morosa, anche lei studentessa, e dell’appuntamento romantico che avrebbero avuto quella sera stessa. – Beata gioventù!- pensai, sentendomi persino vecchia e immaginando che anche io, anni prima, mi comportavo alla stessa maniera. Tutti se ne andarono e rimasi sola, o almeno questo è quello che credetti. Ero alle prese con le ordinazioni di capi lunghi quando sentii un eco di passi. Il suono era distinto, ingrandito dagli ampi spazi del reparto, ero sicura di non essere sola. La mia prima reazione fu di pura sorpresa, pensai infatti che qualcuno fosse tornato indietro per aver dimenticato un errore. Dall’ufficetto nel quale mi trovavo a porta aperta capii che i rumori provenivano dal primo piano. Dato che gli armadietti dei dipendenti erano dietro alla stanza dove mi trovavo, iniziai a temere che qualcuno si fosse introdotto nel magazzino. Mi alzai e presi con cautela la via delle scale, non sapevo chi poteva essere perciò decisi di fare il tutto senza il minimo rumore e se ci fossero stati problemi sarei di corsa tornata a barricarmi in ufficio e da lì avrei poi chiamato aiuto. Man mano che mi avvicinavo i rumori si facevano più nitidi, non sembravano quelli di un ladro in cerca di qualche cosa da rubare quanto più quelli di qualcuno che si stava divertendo, divertendo in maniera alquanto impropria per un grande magazzino. Guidata da quelle che ormai avevo capito essere le urla oscene di un rapporto sessuale, arrivai nella zona dei camerini del reparto donna e quatta quatta sbircia tra le tende del camerino dal quale proveniva il trambusto. Sotto la fioca luce del neon, Filippo stava gustando la calda fica di Marzia che, completamente nuda sulla sedia a gambe aperte, aveva la testa reclinata all’indietro per tutto il piacere che il giovanotto le stava dando. Una scena incredibile e totalmente inaspettata! Il corpo di Marzia era scosso dagli spasmi, le grandi tette ancora sode mostravano capezzoli turgidi eretti verso il cielo e accarezzati dalle mani del ragazzo che stava a torso nudo con la faccia affondata tra le cosce della donna, assaporando con la sua lingua gli umori che si sentivano addirittura gocciolare a terra. Non mi sarei mai aspettata uno spettacolo del genere, ero attonita eppure eccitata da quella scena passionale. la schiena di Filippo era muscolosa e sembrava davvero divertirsi con la fica della donna, visto che continuava il suo lavoro senza riemergere un solo instante. Ero perplessa sul da farsi, non avrei avuto motivo di disturbarli eppure quella vista tanto inaspettata quanto arrapantissima mi avevano fatto bagnare. Sì, prioprio io che sono sempre stata così seria al lavoro stavo cedendo alla visione di due miei colleghi impegnati in una sessione di sesso orale tanto sconcia e a giudicare dai rumori appaganti. poco dopo essermi voltata per tornare in ufficio sentii la voce di entrambi chiamarmi.  Marzia svestita mi guardava ammiccando mentre Filippo, con indosso ancora i jeans sembrava il più imbarazzato. “Vedo che alla fine mi hai sentita, non è stato vano consumarmi la voce per farti incuriosire”, mentre diceva questo Marzia si era avvicinata e senza neanche farmi aprire bocca, dopo aver passato una mano sui miei fianchi mi in infilò la lingua in bocca. potevo respingerla, darle uno strattone, farla licenziare, avevo pensato ad ogni cosa in quel lampo improvviso, il mio cervello però si spense del tutto, solo la mia lingua prese a muoversi e iniziò a danzare con quella della donna. Difficile dire ora se mi sarei comportata in un altro modo se quel bacio non mi avesse rintontita, fatto sta che avevo le mani di Marzia sulle tette senza neanche rendermene conto. Filippo era ancora lì in piedi, con la coda dell’occhio avevo visto che si era spogliato del tutto mostrando al sua bella mazza dritta, davvero un gran bel giovane. Presi io l’iniziativa, ormai convinta del tutto a partecipare a quel gioco erotico, mi portai verso il ragazzo. La mia camicetta era già stata slacciata e il mio reggiseno faceva polino, con la mia mano presi senza indugiare il pene eretto, facendo sussultare Filippo. Con l’altra mano lo portai verso di me iniziando a baciarlo. Marzia intanto mi aveva slacciato al gonna, facendola cadere lungo i fianchi. Solo la biancheria intima nascondeva la mia femminilità alla loro vista. Il ritmo dei nostri respiri si era fatto più rapido, gli occhi languidi di quel giovane uomo che aveva ora anche l’attenzione della mia bocca sul suo arnese mi fecero capire che non avrebbe resistito a lungo, la mia collega intanto stava armeggiando con le sue dita l’entrata della mia vagina, ormai bagnata fradicia. Stavo succhiando quel bel cazzo con tutta la conoscenza che anni di università e di donna in carriera mi avevano dato. La cappella calda e vellutata era oggetto delle peripezie della mia lingua, sentivo il giovane sussultare ad ogni leccata, ad ogni stantuffo il tutto mentre con le miei mani a coppa giocherellavo con i suoi grandi e succosi testicoli. Non passò neanche un minuto che il ragazzo sborrò tutto, in abbondanza, rantolando dal piacere e ringraziandomi con voce rotta. Marzia stava lì a gambe larghe godendosi la scena mentre le sue dita veloci entravano e uscivano dalle labbra succose della sua fica, una visione unica ed appagante. Dopo aver ingoiato ogni singola goccia del latte di Filippo mi alzai e iniziai a baciarlo passionalmente, la sua crema mi aveva soddisfatta ma ora bisognava passare ad altro, a qualcosa che non sarebbe stato dimenticato né da lui, né da Marzia. Avevano commesso l’errore di coinvolgere me, pensando che fossi debole e che mi avrebbero fatto fare ciò che volevano. Decisamente non mi conoscevano. Continua… Bardo Del Piacere

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